ART

Cosa rende riconoscibile Marco Ceruti ? 

Un segno dall’effetto tridimensionale, dinamico, un colore evanescente, dall’inconfondibile linea fluida che sembra smaterializzarsi in un bagliore di luce diafana, simile all’aura impalpabile emanata dalle immagini proiettate dai grandi schermi nel buio di una sala cinematografica. Le sue fonti d’ispirazioni sono molteplici, fumetto, cinema, riviste, fotografie, youtube e l’arte contemporanea, Palladino, Cucchi e altri esponenti della Transavanguardia. … Ceruti è outsider, un pirata del segno che ha viaggiato in lungo e in largo per il mondo, vissuto a Londra e in altre capitali europee, ma è fedele alla luce di Antibes (Costa Azzurra, Francia) e ai colori indimenticabili del Brasile, dove torna spesso. Osservando le sue opere, ci affascinano i suoi piano bar, jazz club anni ‘40/50, gli ambienti alla Hopper, le inquadrature cinematografiche alla Wong Kar-Way.

Ci seducono queste scene immobilizzate in una luce fluorescente che inghiotte musicisti solisti, cantanti e strumenti, dissolti in un magma di effetti cromatici, che sembrano dare colore alle note diffuse … Una nota di implicito autobiografismo è quasi sempre presente in tutte le sue immagini, dai jazz clubs, fino al piano bar sul modello di “Casablanca”, e nei video la musica è la protagonista materializzata da colori “liquidi”, che dissolvono le figure rivelatrici di un grado di astrazione, pur tenendosi saldo alla tradizione figurativa occidentale. …

Ceruti sperimenta il segno in movimento, in costante espansione. L’esperienza è la sua fonte d’ispirazione, tra un progetto e l’altro continua a viaggiare con la sua macchina digitale, sempre pronta a cogliere dettagli o texture cromatiche per nuovi effetti tonali. Compito dell’artista (come dello spettatore) è di entrare nel gioco delle risonanze, giustapposizioni, associazioni e rimandi che si celano dietro ogni rappresentazione: in queste, il colore trascrive un ritmo dentro a spartiti di luce.  

Jacqueline Ceresoli

(Presentazione mostra Jazz Rainbow luglio 2010, in occasione del 50° Festival del Jazz di Juan-les-Pins)